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resa ancor più scomoda dalle condizioni di trascuratezza dei fabbricati .
La ricchezza del monastero veniva da secoli di doti , lasciti e donazioni : San Benedetto , infatti , possedeva beni mobili e immobili in grande quantità . Le rendite , sia in denaro che in natura , ne rendevano la sopravvivenza quasi del tutto autosufficiente . Al suo interno , l ’ istituto poteva inoltre contare su un patrimonio di eccezionale valore in libri , opere d ’ arte e oggetti vari : si comprende bene , quindi , il danno che l ’ esproprio del 1866 dovette arrecare , non solo a questo , ma a tutti i monasteri che vantavano una simile floridezza .
Mentre gli altri monasteri di Catania venivano occupati , San Benedetto si conservava miracolosamente intatto : le monache avevano fatto in modo che gli ispettori statali lo considerassero inadatto ad essere adibito a locale pubblico , conducendoli “ per scale e scalette ” ed evitando scaltramente di farli accedere ad alcune parti . Questa particolarità rese il monastero un vero e proprio rifugio per le religiose anche provenienti da altri istituti : vi trovarono ricovero , ad esempio , le benedettine della SS . Ma Trinità , cacciate dal loro convento poco dopo la soppressione per aver intralciato i lavori del Comune .
Questa massiccia operazione non solo privò gli Ordini monastici di uno status sociale riconosciuto , ma diede il via ad un ’ opera di riconversione che trasformò i loro edifici in uffici governativi , caserme , scuole e ospedali . I religiosi e le religiose erano liberi di restare o tornare nel secolo . A chi restava , lo Stato riconosceva l ’ usufrutto di una piccolissima parte del convento ; una esigua pensione , assegnata solo a chi avesse professato prima del 1864 , avrebbe dovuto garantirne la sopravvivenza . Ciò significò per le monache – molte delle quali erano vecchie e inferme – una vita di stenti ,
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Tra la fine dell ’ Ottocento e l ’ inizio del Novecento , le conseguenze delle leggi eversive avevano completamente trasformato il volto di San Benedetto da convento di lusso a piccola comunità che sopportava con vero spirito evangelico tutti i disagi di una condizione di indigenza : vitto frugale e talvolta insufficiente , infermità , finestre e balconi con vetri a pezzi , arredi modesti , abiti vecchi e accomodati . Per questo , volendo realizzare un suo particolare progetto eucaristico , il vescovo Francica Nava non ebbe esitazioni , e riconobbe in San Benedetto la comunità ideale per far rinascere la vita claustrale a Catania . Nel clima della riforma liturgica voluta da Pio X , e soprattutto nel fervore pastorale acceso dal Congresso Eucaristico del