100% Fitness Mag - Anno VIII Settembre 2014 | Page 62
#FILOSOFIA
Davvero l'Italia è
destinata a un
declino inarrestabile
Domenico Casa
Consulente filosofico
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C'è un'opera di un grande genio della letteratura
politica, che ormai si studia poco, e che potrebbe
aiutare a comprendere alcuni fenomeni storicopolitici, come quelli della crisi di uno stato o di
una nazione. Si tratta de' "Il Principe" di Niccolò
Machiavelli, di cui, Ugo Foscolo, ne' "I Sepolcri",
scrisse colui "che temprando lo scettro ai
regnator, gli allor ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue".
Ebbene, ne' "Il Principe", l'autore dice, con una
chiarezza inequivocabile, che tra le varie forme di
principati conosciuti nella storia, destinati a perire
per primi sono quelli ereditari.
Ora, se si estende il concetto a tutto ciò che
in qualche modo si riceve in eredità, se ne
deduce che, ignorando la fatica e il valore della
conquista, esso è, per sua natura, destinato ad
essere sperperato e distrutto.
Gli italiani hanno ricevuto in eredità uno Stato
(quello nato dalla resistenza al fascismo, per
intenderci) di cui, tranne in alcuni momenti, per
così dire felici, non si sono mai curati granché,
affidandolo a menti e mani fameliche, pessimo
esempio per la collettività, i gruppi e gli individui.
A confortare questa tesi, è molto interessante la
lettura che del declino del nostro paese, dove
da decenni non si cresce più in alcun campo,
fornisce, con documenti e dati sperimentali,
Piero Paolicchi, docente di Psicologia sociale
nell'Università di Pisa e direttore del Centro di
Ateneo per la Formazione e la Ricerca Educativa.
Nel suo saggio, "Il Fattore" che ha per sottotitolo
"Per una teoria generale dell'imbecillità",
egli attribuisce il declino del nostro paese al
diffondersi esponenziale dell'imbecillità, che ha
come origine quella che egli chiama "anorresia
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culturale" diffusa tra i cittadini, indotta da chi
detiene il potere, e che di costoro costituisce la
massa di manovra o del consenso.
"Come la saggezza multidisciplinare insegna,
la fame guzza l'ingegno, e ci si può permettere
di essere e restare imbecilli solo quando
qualcuno, persona o gruppo o sistema,
grantiscono il pane quotidiano, senza che ce lo
dobbiamo procurare."
Questa massa enorme, in cui sono comprese
tutte le classi e le professioni, massa che
consuma e non produce, "è priva di quel
patrimonio di umanità che si dispiega
attraverso il faticoso sforzo di acquisizione
e di rielaborazione di un "ethos" come
insieme di moventi e di valori diversi da quelli
della semplice sopravvivenza o dell'utile e
dell'adattamento immediati." Essa "non è in
grado di farsi carico del compito di costruirsi il
proprio mondo e il proprio destino."
Oggi, sembra dire Paolicchi, basta dare ai
giovani un po' di sport, di televisione, di motorini,
cellulari per navigare nel mondo, una birretta
(nuovo status simbol), sufficienti a fregarsene del
presente e del futuro.
Molti di essi, o la maggioranza, saranno pure
bravi a gestire (talvolta anche a peggiorare)
l'esistente, ma non sono stati messi nelle
condizioni di risollevare le sorti del paese,
scoprendo e ponendo in essere capacità
inventive e creative, al punto che i migliori, quelli
che vogliono costruire il nuovo, sono costretti
ad "andare in esilio", dove non poche volte
ricevono gratificazioni e riconoscimenti. Se
questi ultimi diventassero punti di riferimento
di molti, utilizzando le residue risorse di coloro
che ci hanno preceduto senza sperperarle,
forse il nostro paese potrebbe ancora sperare di
risolleversi da un inglorioso e pesante declino.
"Solo il movimento dei venti preserva il mare
dalla putredine, nella quale sarebbe ridotto
da una quiete durevole."
(W. F. Hegel)