100% Fitness Mag - Anno VII Ottobre 2013 | Page 14

SCOPERTE SCIENZA LA DIETA MEDITERRANEA PROTEGGE DALL’ALZHEIMER Olio d’oliva, frutta, verdura e pesce salvaguardano le capacità cognitive La Dieta Mediterranea fa davvero bene al cervello. A confermarlo è la prima analisi sistematica condotta fino ad oggi prendendo in considerazione gli studi disponibili nella letteratura scientifica, pubblicata su Epidemiology. I suoi autori sono i ricercatori della Medical School dell’Università di Exter (Regno Unito), che revisionando i dati di 12 pubblicazioni hanno confermato che seguire strettamente i principi di questo regime alimentare aiuta a conservare migliori funzioni cognitive, a rallentare il loro declino e a ridurre il rischio di Alzheimer. Non è, invece, ancora chiaro se la Dieta Mediterranea sia efficace anche per prevenire il declino cognitivo lieve e la demenza vascolare.Il cibo mediterraneo è sia delizioso che nutriente e la nostra analisi sistematica mostra che può aiutare a proteggere il cervello che sta invecchiando riducendo il rischio di demenza - ha commentato Ilianna Lourida, primo autore dello studio - La nostra analisi evidenzia anche inconsistenze nella letteratura e il bisogno di ulteriori ricerche. In particolare sono necessari studi per chiarire l’associazione con il declino cognitivo lieve e la demenza vascolare. E’ anche importante notare – conclude la ricercatrice – che mentre gli studi osservazionali forniscono prove ipotetiche ora abbiamo bisogno di studi controllati randomizzati per confermare se l’aderenza alla Dieta Mediterranea protegge oppure no dalla demenza”. 14 100% FITNESS MAGAZINE ALIMENTAZIONE SALUTE CURIOSITÀ DOLCIFICANTI E COCAINA: LA DIPENDENZA È LA STESSA Nei ratti gli effetti sono gli stessi delle droghe da abuso I dolcificanti possono indurre la stessa dipendenza causata dal consumo di cocaina. Ad arrivare a questa conclusione è stato Francesco Leri, docente di Neuroscienze e Scienza Cognitiva Applicata all’Università di Guelph (Canada), che ha presentato i risultati delle sue ricerche al 2013 Canadian Neuroscience Meeting, il convegno annuale della Canadian Association for Neuroscience - Association Canadienne des Neurosciences (CAN-ACN). Leri è partito dall’ipotesi che se, nonostante la medesima disponibilità di cibi ad alto contenuto calorico, solo alcune persone li consumano fino a diventare obese, è perché in queste persone si instaura un meccanismo di dipendenza del tutto paragonabile a quello innescato dalle sostanze stupefacenti. Lo studioso ha somministrato a dei ratti una dieta caratterizzata da dosi elevate di zuccheri, grassi ed esaltatori di sapore come lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio - uno dei principali dolcificanti utilizzati a livello industriale in cibi come cereali, barrette, yogurt, zuppe, condimenti e bibite analcoliche. L’analisi dei cambiamenti comportamentali, chimici e neurobiologici indotti nei topi dal consumo di questi cibi ha portato Leri alla conclusione che “esistono prove neurobiologiche e comportamentali convincenti che indicano che la dipendenza da cibo è possibile”