100% Fitness Mag - Anno VII Marzo 2013 | Page 20

100% FITNESS MAGAZINE PSICOPEDAGOGISTA fare il genitore significa insegnare alla prole a rendersi indipendente, quindi abbandonarla. Negli esseri umani l’istinto è il medesimo, funziona nel senso dell’autonomia dell’individuo ma, a quanto pare, l’esigenza nevrotica di possedere i figli, e di vivere la propria vita attraverso loro, ha preso il sopravvento, e il fine, che è quello di accompagnare un figlio alla soglia dell’indipendenza, è stato sovvertito dal vizio di crescerlo per non staccarsene più. Che cosa vuoi tu per i tuoi figli? Che abbiano rispetto di sé, fiducia in se stessi? Che siano esenti da nevrosi, soddisfatti e lieti? Ma come garantirti questo risultato? Solo essendo tale tu stesso. I figli apprendono il comportamento dei loro modelli. Se trabocchi di senso di colpa, se non ti sei realizzato nella vita, e raccomandi i tuoi figli di non diventare come te, vendi un prodotto avariato. Se sei un modello di scarsa stima di sé, insegni ai tuoi figli a considerarsi nello stesso modo. Se poi, cosa anche più importante, conferisci ai tuoi figli una maggiore importanza che a te stesso, non li aiuti, ma insegni loro a dare la precedenza agli altri e a rimanere indietro. C’è una certa ironia in tutto questo, no? La fiducia in se stessi, non la si consegna in mano ai figli. Essi devono acquisirla vedendola in noi. Solo se ti tratti come la persona più importante, e non ti sacrifichi sempre, insegnerai ai tuoi figli a credere in loro stessi. Cosa significa sacrificio? Far passare gli altri avanti a te, non stimarti, cercare approvazione… Prodigarsi per gli altri è ammirevole, ma se avviene a spese di noi stessi, diamo l’esempio di un comportamento che, dopo un po’,genera collera, rancori e talvolta, senso di rivendicazione. I bambini cominciano molto presto a voler fare certe cose da soli. “So fare da solo!”, “Guardami mamma! Lo faccio senza l’aiuto di nessuno!” “Non mi imboccare, mangio da me”, sono alcuni dei segnali che vengono inviati, e sebbene nei primissimi anni il grado di dipendenza è assai alto, si osservano precisi sforzi in direzione dell’autonomia. Durante la pubertà, se da una parte vogliono essere con- siderati grandi, dall’altra chiedono l’aiuto e il sostegno di un genitore sempre premuroso. Ma lentamente si va sviluppando il concetto di sé e d’un tratto ritroviamo l’adolescente che non ci consente più di varcare la soglia della sua autonomia e l’omertà diventa logica quotidiana…Allora i genitori appaiono seriamente preoccupati di un fenomeno in cui dovremmo leggere normalità e salute, ancor più di quando erano piccoli e giù alla spiaggia ci strillavano nelle orecchie: “Papà non toccare! Faccio io il mio castello di sabbia!!” Il figlio, in genere, ha un forte desiderio di lasciare il nido, ma se i lubrificanti della macchina familiare sono stati la possessività e lo spirito di sacrificio, l’atto naturale di partirsene provoca una crisi. Se il senso di colpa e il timore di aver recato un dispiacere offuscano la partenza dal nido, essi perdurano tutta la vita, fino al punto, a volte, che il rapporto marito-moglie duplica quello di genitore-figlia, anziché essere quello di due persone che vi partecipano su una base di parità. La famiglia costituisce dunque un nucleo importante nel processo della crescita, ma non dovrebbe mai diventare veicolo di senso di colpa e di nevrosi quando i suoi componenti vanno verso l’indipendenza emozionale. Se con decisione conduci la tua battaglia per l’indipendenza dai genitori, puoi trasformare in tenere esperienze tutti i tuoi ritorni alla casa paterna. E se ai tuoi figli sei modello di fierezza e consapevolezza del tuo valore, essi, a loro volta, lasceranno il nido senza provocare tensioni o sconvolgimenti. Una madre non è una persona alla quale appoggiarsi, ma una persona che mette in condizione di non aver bisogno di appoggiarsi. (B.Pane) SIAMO TRATTATI COME ABBIAMO INSEGNATO A TRATTARCI La dipe