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FILOSOFIA
“Manifesto per la
soppressione dei
partiti politici”
di Simone Weil
Domenico Casa
Consulente filosofico
Cell. 3393318463
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944. Un anno prima della sua morte, a soli 34 ani,
Simone Weil, una delle menti più lucide ed eccelse
del primo Novecento, filosofa, insegnante, operaia,
straordinaria intellettuale e scrittrice, tuttora punto
di riferimento di uomini di fedi e culture diverse, fece
un’analisi spietata e profetica dei partiti politici, pubblicata postuma su sollecitazione di André Breton e Alain,
nel 1950 con il titolo “Manifesto per la soppressione dei
partiti politici”. Successivamente passò alle edizioni di
Gallimard.
“Il Manifesto”, nato nella fase calante, ma anche più atroce, dei regimi totalitari, pur nella sua brevità, racconta
come i partiti, che nei paesi anglosassoni contengono nella
parola stessa elementi di gioco (basti pensare agli USA), siano divenuti luoghi di rinunzia all’intelligenza e all’esercizio
dello spirito critico, visto che essi soddisfano unicamente
il bisogno “della conformità a un determinato pensiero
prestabilito”. La lezione dei partiti totalitari era cocente. Per
tale ragione, secondo la Weil che finisce col non fare più
distinzioni tra essi, sia i partiti più inconsistenti sia quelli
più organizzati, si somigliano per vaghezza di pensiero e
per il fatto che “entrando in un partito si rinuncia a cercare
unicamente il bene pubblico”. Essendo perciò per lo più
luoghi di menzogna e di errori, per raggiungere il potere
di cui non sono mai paghi, da mezzi per raccogliere il
consenso si trasformano in fini. Hanno a tal punto accentuato il loro latente carattere totalitario, che non rimane
che sopprimerli. A pagina 34 la Weil scrive: “Nessuna
quantità finita di potere potrà mai essere considerata come
sufficiente, soprattutto una volta che la si sia ottenuta. Il
partito si trova quindi, per effetto dell’assenza di pensiero,
in un continuo stato di impotenza, che attribuisce sempre
all’insufficienza del potere di cui dispone..... anche se fosse
padrone assoluto del paese”. E a pagina 36, “nel momento
in cui la crescita del partito costituisce un criterio di bene,
ne consegue inevitabilmente una pressione collettiva del
partito sui pensieri degli uomini”. \