100% Fitness Mag - Anno VI Ottobre 2012 | Seite 76

76 Dr. Mario De Simone 100% FITNESS MAGAZINE Cell. 3385458815 Mail: mariodesimone@libero.it LA STRADA DIFFICILE DELLA PENSIONE: la previdenza integrativa diventa sempre più importante Il forte aumento dell’aspettativa di vita, verificatosi in occidente negli ultimi anni, induce a chiedersi se gli “aspiranti pensionati” del domani riusciranno a vivere decorosamente. Dal 1993 al sistema previdenziale pubblico è stato affiancato un sistema di previdenza integrativa, con l’obiettivo di compensare la riduzione apportata alle prestazioni erogate dal settore pubblico N el nostro Paese il sistema pensionistico pubblico (INPS, INPDAP, ecc.) è strutturato secondo il criterio della ripartizione. Ciò significa che i contributi che i lavoratori e le aziende versano agli enti di previdenza vengono utilizzati per pagare le pensioni di coloro che hanno lasciato l’attività lavorativa. Per far fronte al pagamento delle pensioni future, dunque, non è previsto alcun accumulo di riserve. E’ evidente che, in un sistema così organizzato, il flusso delle entrate (rappresentato dai contributi) deve essere in equilibrio con l’ammontare delle uscite (le pensioni pagate). In Italia, il progressivo aumento della vita media della popolazione ha fatto sì che si debbano pagare le pensioni per un tempo più lungo, e al contempo, il rallentamento della crescita economica e la disoccupazione in costante aumento hanno frenato le entrate contributive. Per far fronte a questa situazione, sono state attuate una serie di riforme tutte orientate a riportare sotto controllo la spesa pensionistica. Negli ultimi 20 anni si sono succedute varie “Riforme Pensionistiche” con variazioni significative per gli “aspiranti pensionati”, in particolare: sono state innalzate sia l’età richiesta per andare in pensione, sia l’anzianità contributiva minima; l’importo della pensione viene collegato all’ammontare dei contributi versati durante tutta la vita     lavorativa (cd. “sistema contributivo”) e non più alle ultime retribuzioni percepite (cd.“sistema retributivo”); la pensione viene rivalutata unicamente sulla base dell’inflazione (cioè dell’aumento dei prezzi dei beni e dei servizi) e non più in base all’aumento delle retribuzioni che, generalmente, è più elevato. Tali modifiche fanno sì che, in futuro, le nuove pensioni saranno percepite sempre più tardi e, soprattutto, saranno via via più basse in rapporto all’ultima retribuzione percepita (il cosiddetto “tasso di sostituzione”). Come si può notare dallo schema elaborato da “Progetica” è molto probabile che la pensione pubblica su cui potranno contare gli italiani oscillerà tra il 36% (autonomi giovani maschi – età 30 anni ad oggi) e l’87% (dipendenti femmine – età 50 anni ad oggi). Risulta, quindi, sempre più evidente la necessità di costruirsi un capitale/ rendita vitalizia per poter colmare quello che viene definito “gap previdenziale” cioè la differenza tra l’ultimo stipendio e quella che sarà la prima pensione, così da consentire al pensionato di condurre lo stesso stile di vita di quando era al lavoro. La necessità di integrare quella che sarà la pensione pubblica è sicuramente più evidente per i giovani e a parità di anni per la categoria degli autonomi. Ricorrere alla previdenza complementare, attraverso l’adesione ad un fondo pensione o la sottoscri-   zione di una polizza pensionistica, significa, sostanzialmente, fornirsi di uno strumento idoneo ad assicurare l’integrazione della pensione ordinaria. Per attirare l’attenzione verso tale settore, il legislatore è intervenuto più volte disegnando, anzitutto, il “sistema” della previdenza complementare (con il Decreto legislativo n. 124 del 21 aprile 1993, successivamente modificato e integrato). Il fine è quello di garantire la conservazione di un tenore di vita adeguato anche dopo il pensionamento. Il legislatore, al fine di incentivare i cittadini italiani alla integrazione della loro pensione pubblica ha delineato diversi vantaggi fiscali, sia nella fase di contribuzione prevedendo la completa deducibilita’ dai redditi della quota annua accantonata, sia nella fase di erogazione della rendita integrativa, la quale godra’ di un minor peso fiscale anche rispetto alla pensione pubblica. Ecco un esempio del vantaggio fiscale di cui gode ogni persona indipendentemente sia essa un professionista, un imprenditore o anche un lavoratore dipendente: su un versamento annuo al fondo pensione di Euro 3.000, a seconda del reddito complessivo prodotto nell’anno, avrà un risparmio fiscale che va da un minimo di Euro 690 fino ad un massimo di Euro 1.290. Abbiamo visto che e’ divenuto ormai essenziale pianificare un’integrazione pensionistica, se a ciò si ci aggiunge il vantaggio fiscale risulta evidente la bontà di tale operazione! Eppure gli italiani sembrano poco sensibili a pianificare per tempo il loro futuro, basti pensare infatti, che circa il 70% dichiara di non aderire a nessuna forma di integrazione pensionistica.