100% Fitness Mag - Anno VI Novembre 2012 | Page 20

100% FITNESS MAGAZINE PSICOPEDAGOGISTA re se prima non abbiamo risvegliato una passione, un interesse che magari avevamo sopito per anni e anni e che parla di noi, ci identifica, ci fa sentire di esistere e di avere in mano la nostra vita.. A quel punto, non avremo più bisogno del cibo ‘consolatorio’ che ci gratifica e ci premia e che usiamo per poter dire a noi stessi di meritare la nostra esistenza.. Serve contare le calorie? Ma certo, è importante sapere che un cappuccino e un croissant ne forniscono più di un piatto di spaghetti e sono meno nutrienti. L’educazione alimentare dei nutrizionisti è di certo utile, ma una cosa che conta tanto per dimagrire, è ricordarsi della nostra originalità, dell’immagine unica che abita in ciascuno di noi. Spesso il grasso copre e nasconde i nostri veri interessi, le nostre aspirazioni più profonde, la nostra voglia di provare piacere. Pertanto, prima di tutto e più di tutto dobbiamo impegnarci a vivere davvero, dobbiamo cercare cose che ci coinvolgano profondamente. I bambini, quando giocano, si dimenticano di mangiare, perché provano un piacere così grande, che nessun alimento può dare loro. E gli animali selvatici non ingrassano perché seguono l’istinto: quelli domestici, che prendono i vizi dei padroni, diventano obesi. Questa è la partita. Mettendoci a dieta, potremmo perdere qualche chilo, forse per qualche mese. Cambiando mentalità, risvegliando il nostro mondo interno, aprendo le porte alle nostre qualità, alla nostra unicità, riscopriremo un senso di leggerezza, di piacere, di libertà. Questi sono gli ingredienti davvero indispensabili della ricetta per dimagrire. CI MANCANO LE CALORIE…AFFETTIVE Il problema del peso riguarda ognuno di noi, i nostri figli, e mette in discussione il nostro futuro di salute, benessere e autostima. Per capire i motivi per cui oggi la tendenza a ingrassare è così inarrestabile e così difficile da contrastare, occorre andare alle radici del problema. Il nostro corpo ha una disposizione naturale a mantenere il suo peso ‘ide- ale’, quello che corrisponde a un certo tipo di costituzione e altezza. Ma questa tendenza, oggi più che mai, subisce molteplici interferenze. E non tanto perché si siano ‘guastati’ il sistema endocrino o il metabolismo (cosa che avviene in un numero limitato di casi), ma per il fatto che ingeriamo molte più calorie di quelle che riusciamo a utilizzare. Nonostante ciò, le persone in sovrappeso avvertono l’impellente necessità di queste calorie aggiuntive. Lo può confermare qualsiasi dietologo o psicoterapeuta: i pazienti raccontano di sentire il bisogno irrefrenabile di mangiare più e più volte nella giornata. Talvolta non fanno nemmeno caso a quello che mangiano, l’importante non è la qualità ma la quantità. Una mia paziente, settantenne, che superava di 40 chili il suo peso forma, accoglieva da anni a pranzo, tutti i giorni, i suoi due figli sposati, con mogli e figli a seguito, perché ‘dato il lavoro, per loro era più comodo..’ Puntualmente, a fine pranzo, benchè rimpinzata dagli abbondanti manicaretti che lei stessa preparava ‘a gran fatica’, provava ancora una fame incontrollabile, come se fosse digiuna. Poiché cercava in ogni modo di perdere peso, aveva cura di non tenere in casa cibo ‘a rischio’. Però aveva sempre scorte di riso. Ebbene, in mancanza d’altro, faceva bollire fino a tre etti di riso e li ingurgitava voracemente, senza condimento. Lo raccontava con un misto di disprezzo nei propri confronti e di rassegnazione, come se dicesse: ‘Non posso fare diversamente, è più forte di me’. Chi è colpito da questa fame incoercibile, ingiustificata dal punto di vista organico, avverte una sensazione di ‘vuoto’, un disagio difficile da definire, un dolore sordo. Le ho chiesto: ‘Scusi, ma lei è contenta di accogliere tutti i giorni i suoi figli?’. Mi ha risposto: ‘Sono contenta di vederli, ma non ce la faccio a fare tutto io.. Li accontento perché ho paura che ci rimangono male..’. Mi ha raccontato che con i suoi figli si sentiva sempre sulle spine, che aveva paura di sentirsi giudicata un’incapace. ‘Figli molto severi ed esigenti’. Così li descriveva. Non poteva sottrarsi al ‘rito quotidiano’: avrebbe temuto più di tutto il gelo e la rabbia che i suoi figli le avrebbero trasmesso. Così mangiava, ma era completamente insoddisfatta. Servire i suoi figli era una dura prova cui si sottoponeva per aderire a un’etichetta, un dovere cui riteneva impossibile sottrarsi. Non si sentiva amata, stimata, apprezzata…eppure continuava a servire…Ingurgitava tutti i giorni un ‘cibo senza affetto’: per questo, quando loro andavano via, lei continuava ad abbuffarsi. Mangiando cerchiamo di donarci amore, come accade agli albori della vita con il latte. Sono le calorie ‘affettive’ quelle che mancano. Ricorrere al cibo diventa allora una modalità automatica per tamponare l’angoscia. Questa può avere tante cause (problemi di lavoro,ansia per i figli, stress, preccupazione per la salute di qualcuno a cui teniamo), e il cibo è sempre lì, a disposizione per darci sollievo. Una dieta non basta, non cambia le cose. Anzi aggiunge sofferenza a sofferenza. Solo se cambiamo la mentalità, il modo di stare con noi stessi e con gli altri, possiamo dimagrire davvero. Non altrimenti. Per dimagrire, l’anima ha bisogno soprattutto di desiderare. Il desiderio, in qualsiasi modo espresso, è il più grande antidoto all’obesità: un nuovo lavoro, nuovi interessi, un nuovo amore o una vecchia passione che si riaccende… Queste