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PSICOPEDAGOGISTA
preda all’impotenza.
La sensazione di trovarsi senza via
d’uscita e il senso d’impotenza tuttavia non sono una prerogativa solo
dei genitori: specularmente e molto
più drammaticamente la vivono anche i figli. Se paragoniamo i figli ai
passeggeri seduti su un aereo per la
prima volta e i genitori al pilota, si può
facilmente immaginare come potrebbero sentirsi questi novelli passeggeri
se in presenza di qualche turbolenza il
pilota, anziché rimanere con sicurezza alla guida dell’aereo, scappasse via
spaventato con le mani tra i capelli,
abbandonando la cabina di pilotaggio
e i comandi. Panico. Catastrofe.
Oggi sono sempre più numerosi i
genitori che abbandonano il posto
di guida, lasciando di fatto i propri
figli in balìa delle turbolenze di un
aereo impazzito.
La genitorialità sembra essere una
qualità sempre più rara, in caduta
libera, probabilmente perché a molti
genitori nessuno ha mai insegnato a
pilotare l’aereo.
Si è passati in pochi decenni da un’educazione autoritaria ad atteggiamenti
permissivi e lassisti, permeati di errate
convinzioni pedagogiche sul rapporto
da intrattenere con i figli. Si è perduta
nel tempo la capacità di essere autorevoli, di essere accoglienti ma fermi,
disponibili ma non al servizio completo, pronti al dialogo e al confronto ma
contenitivi, in grado di dare regole e
porre limiti. A questa caduta di genitorialità corrisponde immancabilmente
una caduta di adultità nei figli, i quali assumono, sempre più numerosi,
comportamenti caratterizzati da eccesso e dismisura.
Eppure tutti i bambini e tutti i
ragazzi, per crescere veramente
liberi, sani e forti, hanno necessità
che qualcuno insegni loro come
gestire bisogni, pulsioni e desideri. Il comportarsi, il relazionarsi con se
stessi e con gli altri, l’essere in grado
di chiedere non sono competenze innate, né soggette ad una evoluzione
naturale. Si tratta di competenze che
vanno apprese attraverso un intenso
scambio tra genitori e figli.
I bambini hanno assolutamente
necessità di regole e limiti non per
essere puniti o semplicemente per riconoscere il potere dell’adulto, ma per
modulare lo scambio tra l’ambiente
esterno e il proprio mondo interno,
così complesso. Tale bisogno di regole, indicazioni e contenimento non
appartiene solamente ai bambini, ma
anche ai figli più grandi il cui mondo
interiore, con la crescita, tende a diventare ancora più complesso e irto
di difficoltà.
Un’educazione basata sul falso principio che sia sbagliato comminare divieti e punizioni è candidata infatti a
produrre soggetti dipendenti, insicuri,
aggressivi. Non essendo in grado di
decifrare la natura delle proprie pulsioni, non riuscendo a gestirle e usarle
nel modo più adeguato, un figlio si
sentirà sempre più confuso circa le decisioni da prendere e mai sicuro del
proprio sentire.Poichè non possiede
una cabina di regìa interna in grado
di regolare i propri bisogni e i propri
desideri, si sentirà sopraffatto dalle sue
stesse spinte pulsionali.
Questa situazione può portarlo gradualmente a ricercare una regìa esterna in grado di aiutarlo a contenere la
“marea” interna. La ricerca di questo
contenimento esterno è pericolosa,
in quanto può condurre i giovani a
forme di comportamento disadattato
o di dipendenza patologica (da sostanze, da alcol, da cibo, da internet, da
legami affettivi inappropriati, ecc.). Il
bambino ‘non contenuto’ potrebbe diventare un ragazzo incapace di distinguere ciò che è buono da ciò che non
è buono, ciò che è urgente fare da ciò
che è differibile, ciò che è giusto da ciò
che è sbagliato, ciò che è vero da ciò
che è falso. Sentendosi ripetutamente
fallito, frustrato, arrabbiato e inadeguato, tenterà di trovare il perno del
proprio controllo emotivo al di fuori
di sé, delegando a situazioni, sostanze, amici e altre persone la gestione
delle proprie emozioni e sensazioni.
E se il bisogno di omologazione e di
dipendenza dall’esterno diventa eccessivo e irrinunciabile, protraendosi
nel tempo oltre misura, il rischio di
sviluppare una dipendenza patologica
o una condotta disadattata è elevato.
E’ necessario dun ]YH