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di Teresa Pane
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Amministratore
VERIFICA STATICA
DELL
’EDIFICIO:
OBBLIGHI E RESPONSABILITÀ
DOMANDA: A seguito di alcuni distacchi di intonaco in varie parti
dell’edificio, il mio amministratore di Condominio ha posto all’ordine del giorno dell’Assemblea la nomina di un tecnico per la
verifica dello stato di conservazione dell’edificio. In Assemblea
un condomino di professione architetto presente lo ha accusato di
fare terrorismo psicologico per proprio interesse verso i Condomini in quanto il fabbricato, costruito oltre 50 anni fa , sicuramente necessita di interventi strutturali che però i Condomini non
sono nelle condizioni economiche di sopportare. Qual è il giusto
atteggiamento? L’Amministratore ha esorbitato le sue funzioni?
(Antonio – Sorrento)
L
a mancata manutenzione
del fabbricato può comportare, laddove ne ricorrano
i presupposti normativi, la
responsabilità penale dell’amministratore di condominio, ai sensi
dell’art. 677 c.p. (come modificato
dall’art. 52 , D.Lgs. n. 507/1992), il
quale prevede che “Il proprietario di
un edificio o di una costruzione che
minacci rovina ovvero chi è per lui
obbligato alla conservazione o alla
vigilanza dell’edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere
ai lavori necessari per rimuovere il
pericolo, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro
154 a euro 929. La stessa sanzione
si applica a chi, avendone l’obbligo,
omette di rimuovere il pericolo cagionato dall’avvenuta rovina di un
edificio o di una costruzione. Se
dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le
persone, la pena è dell’arresto fino
a sei mesi o dell’ammenda non inferiore a euro 309.”
Il bene giuridico tutelato dalla
norma è l’incolumità pubblica.
Essa prevede, al comma 1 e al comma 2, due
distinti illeciti amministrativi, riconducibili a ipotesi di pericolo
potenziale connesso a un condotta
omissiva; se tale condotta è invece
collegabile a un pericolo concreto
per le persone, da luogo a un reato
di natura contravvenzionale (comma 3).
In tal senso, “mentre la fattispecie di
cui al comma 1 dell’art. 677 c.p. incrimina l’omissione dei lavori necessari a rimuovere il pericolo, generico
e presunto, in un edificio o costruzione che minacci rovina, l’ipotesi
prevista al comma 3, richiede che
dall’omissione dei lavori, in edifici o
costruzioni che minacciano rovina,
derivi il pericolo concreto per l’incolumità delle persone” (Cass. pen. 11
maggio 2006, n. 16285, Sez. I). La
fattispecie di cui al citato comma 3
ha natura di reato di pericolo, a condotta omissiva, consistente nel non
effettuare i lavori necessari a scongiurare il pericolo di crollo o i rischi
dovuti a un crollo già avvenuto. In
presenza di un crollo che dovesse
assumere il carattere del disastro,
si configurerebbe il delitto di cui
all’art. 449 c.p..
Premesso che la causa per la quale
l’edificio minaccia rovina può essere attribuibile a un fatto dell’obbligato, di un terzo, ma anche a
un caso fortuito, si sottolinea che
per la configurabilità del reato non
rileva “l’ignoranza dello stato di
pericolo in cui versa l’edificio, rientrando nella normale diligenza del
proprietario di un immobile curarne
lo stato al fine di evitarne una rovina
pericolosa, né una preventiva diffida, con specifica previsione di un
termine perentorio entro cui provvedere alla manutenzione dell’immobile pericolante, da parte della
pubblica autorità” (1Cass. pen. 8
marzo 2000, n. 5966, Sez. I). Talché “l’obbligo di provvedere all’esecuzione dei lavori necessari a rimuovere il pericolo per l’incolumità delle
persone sorge indipendentemente
da qualsiasi provvedimento coattivo della pubblica amministrazione
che, pertanto, ove adottato, assume
carattere meramente ricognitivo
della già verificatasi inosservanza”
(1Cass. pen. n. 5966/2000 cit.).
La Suprema Corte, in merito alla
natura del reato e al suo momento
consumativo, si è pronunciata, affermando che “la contravvenzione
prevista dall’art. 677 c.p. ha natura
di reato permanente in quanto lo
stato di consumazione perdura
finché il pericolo per la pubblica incolumità non sia cessato. La
fattispecie criminosa de qua si qualifica come reato proprio (1Cass.
pen. 12 luglio 2005, n. 25255,
Sez. I; 1Cass. pen. 3 febbraio
2004, n. 4032, Sez. I; Cass. pen.
12 dicembre 2002, n.41709; Cass.
pen. 7 agosto 1996, n. 7764). Tale
precisazione è importante, ai fini
della nostra trattazione, per accertare se tra i soggetti attivi del reato
rientri anche l’amministratore di
condominio. Soccorre, in proposito,
la giurisprudenza che ha precisato:
“L’obbligo penalmente sanzionato
dall’art. 677 c.p., comma terzo, di