100% Fitness Mag - Anno VI Dicembre 2012 | Page 66
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FILOSOFIA
La favola del conformismo
C’
è una favola di Andersen che non sembra scritta
per i bambini, i quali, probabilmente non ne coglierebbero neppure il senso profondo, ma rivolta
all’universo degli adulti. La cosa, peraltro, non suscita meraviglia, perchè tutta l’immensa produzione di racconti
e di miti, antichi e moderni, altro non è che un mondo di favole
raccontate dagli adulti per gli adulti. Essi si appassionano ancora
per le favole antiche (Venere, Giove, Marcurio, Yavhè, Iside e
Osiride) ma anche per le fiabe di Cappuccietto Rosso, Hansel e
Gretel, Pinocchio. Ciò accade perchè nelle favole c’è qualcosa
di più vero dei discorsi e dei ragionamenti logici, in quanto esse
parlano non solo alla mente, ma anche al cuore, all’immaginazione, alla fantasia, così tanto trascurati nel fare quatidiano.
La favola di Andersen è nota come “I vestiti dell’imperatore”.
Vi si racconta che una volta due impostori si presentarono a un
re come due eccellenti e straordinari tessitori e sostennero di
saper tessere la stoffa più bella, per colori e disegno. C’era però
una particolarità. La stoffa e i vestiti che da essa sarebbero stati
ricavati con le loro mani esperte avevano il potere di diventare
invisibili agli uomini stupidi e a coloro che non erano all’altezza
del loro compito. Il re, oltre ad esserne entusiasta, pensò che
in tal modo avrebbe potuto conoscere tra i suoi collaboratori
quelli che erano incapaci e stupidi. I truffatori, dopo essere stati
pagati in anticipo con denaro abbondante, montarono il telaio
e fecero finta di iniziare il lavoro. Tutti in città sapevano del
potere straordinario della stoffa, e il re, non appena fu possibile,
inviò il ministro dei tessitori per verificare le sue capacità. Il
ministro si rese subito conto che sul telaio non vi era nulla. Per
non perdere la carica di ministro, riferì al suo signore che i lavori
procedevano meragliosamente. Accadde la stessa cosa agli altri
ministri, ciascuno dei quali si convinceva di essere stolto senza
farne parola agli altri.
Quando il re stesso si recò nella sala dei lavori, riuscì a stento a
trattenere lo stupore. Ma tacque nel timore di passare lui solo
per incapace. I ministri gli consigliarono di indossare gli abiti
durante l’imminente festa. I due furfanti, insigniti con “croce e
candeliere”, continuarono a lavorare tutta la notte per portare
a termine il lavoro. Il giorno successivo, prima di scomparire,
finsero di vestire il re. Non appena egli si presentò alla folla con
i ciambellani che reggevano lo strascico inesistente, tutti, dopo
l’iniziale sconcerto, lo acclamarono e usarono parole di apprrezzamento per l’opera dei tessitori. Nessuno osò dire la verità.
Solo un bambino osò gridare “ma il re è nudo”.
Perché nessuno, ad eccezione del bambino, ha il coraggio della
verità? Semplicemente per conformismo e pregiudizio, alla cui
origine vi è la paura dell’altro. Proprio per questo Jean Paul Sartre potè scrivere che “l’inferno sono gli altri”. Ma gli altri chi
sono? Perché incutono tanta paura? Gli altri sono abitati dalle
stesse paure che producono il conformismo che, il più delle
volte, è l’unica modalità con cui ci relazioniamo.
Se avessimo il candore di un bambino, con la sua mente non
distorta, non daremmo niente per scontato. Noi adulti, invece,
molto spesso ci adagiamo sulle false certezze, sui luoghi comuni,
Domenico Casa
Consulente filosofico
Cell. 3393318463
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sul sentito dire. Heidegger chiamava “esistenza anonima” e
“inautentica” questa forma di vita.
Ci siamo mai chiesti se possiamo verificare le verità morali e
religiose? Assolutamente no, a meno che la pratica religiosa non
porti a risultati concreti e tangibili. In genere si richiede agli
adepti di credere ciecamante, la stessa cosa che i truffatori
lestofanti chiesero al re e a tutto il suo popolo. Ma il bambino
la fede non ce l’ha ancora, per cui può gridare l’unica verità
evidente senza essere accusato di eresia, di apostasia, eccetera.
Secondo Bacone in qualche modo noi possiamo “vedere”, scoprire cioè, gli inganni, le finzioni, le mascalzonate dei tessitori
di verità. E’ sufficiente prendere coscienza che la nostra mente,
a partire dai. primissimi anni della nostra esistenza, viene imbastita di pregiudizi e talvolta di menzogne (Bacone li chiama
idòla) che non ci consentono di guardare le cose come sono
realmente, nella loro nudità. La presa di coscienza perciò risulta
fondamentale, come un vaccino che ci pone in condizione di
non ammalarci di stupidità e credere ciecamente a tutti gli
asini volanti.
Certamente, essendo degli individui sociali, abbiamo bisogno di
piccole dosi di luoghi comuni e di pregiudizi, cioè di conformismo sociale che rappresenta una scorciatoia nelle relazioni. Ma
se essi prendono il posto del giudizio critico, cioè della valutazione razionale delle cose e degli eventi suffragata dall’esperienza,
non si fa molta strada. Anzi, si rimane fermi o si va indietro,
anche se ci sembra di progredire. E allora diamo la stura a un
lungo festival di idiozie come i negri hanno un cervello piccolo
oltre al fatto che puzzano, le donne sono inferiori ai mas chi, il
2013 verrà la fine del mondo, gli arabi..., i francesi..., i cinesi.... i tedeschi.... e via discorrendo, come se non avessimo mai
avuto prove contarie e opposte. In fondo tutti i conflitti, piccoli
e grandi, nascono dai pregiudizi, dal non voler riconoscere che
nessuno possiede verità assolute e tutti, piccoli possessori di verità limitate e circoscritte, ne siamo alla ricerca.
Nel III canto del Purgatorio di Dante ci sono dei versi (91-93)
che ben dicono come spesso gli uomini procedono. Ce n’é uno,
una guida, un pastore di una “mandra” che, senza legittimazione, si è assunto il ruolo di pastore. Gli altri lo seguono senza porsi alcuna domanda. Senza sapere dove li condurrà e per
quale ragione. “Restaro, e trasser sé indietro alquanto; - E tutti
li altri che veniéno appresso, - Non sappiendo il perchè, fenno
alttrettanto”.
Per capirci è il canto di Manfredi d’Altavilla.