100% Fitness Mag - Anno VI Dicembre 2012 | Page 36
100% FITNESS MAGAZINE
PSICOPEDAGOGISTA
negative, PERDEREMMO NOI STESSI. Al contrario, se vi rinunciassimo,
diventeremmo liberi e molto più forti.
Dobbiamo imparare a stare centrati su di noi, sulla nostra interiorità, sullo spirito che ci anima.
Ognuno dovrebbe andare per la propria strada, seguendo e rispettando lo
spirito che è in lui..
E’ bene dunque uscire dalla logica di
questa società, pur rimanendo in questa società. Uscire dalla logica della
competizione, dove ci sono sempre
un vincitore e un perdente. Uscire
dalla logica della giustizia cieca, dove
c’è sempre uno che si crede nel giusto e l’altro che viene fatto sentire
nell’errore, come se ciò che fa fosse
sempre sbagliato.
Occorre molto tempo, un lungo
cammino di crescita, per superare i sentimenti negativi. Nascono
persino tra fratelli, quando ci si deve
scontrare per avere l’affetto e la presenza di una sola madre. Una donna
deve divenire madre quando è veramente capace di amare. Quando è
capace di un amore grande.
Quando una donna non possiede
amore da dare, senza ricevere nulla
in cambio, sarà una madre che creerà
molta competizione tra i figli. Se non
è una donna in cammino di consapevolezza, darà più amore al figlio
che la solleciterà nei suoi bisogni, che
soddisferà di più le sue parti nevrotiche, malate, negative. Queste donne
educano e allevano i figli nella lotta,
nella competizione, non nell’amore,
anche se credono di essere buone
madri. Ma ormai, abbiamo capito
come ciò che fa la differenza non sia
essere più o meno buoni, ma essere
o no persone in cammino di consapevolezza, in viaggio. Perché solo con
persone in viaggio di ricerca si può
dialogare, crescere, vivere. E solo lì
si trova l’amore vero. Nella lotta invece, la fanno da padroni sentimenti
negativi come l’invidia, la gelosia, il
possesso, la vendetta. E’ dalla logica
della lotta che nasce la categoria del
nemico. Non dalla logica dell’amore. Spesso, dietro alle nostre reazioni
negative, come la paura e la rabbia,
c’è il bisogno di obbligare l’altro a
riconoscere che abbiamo ragione,
il bisogno che l’altro ci stimi, che riconosca il nostro valore. E tutto ciò
perché accade? Perché ci sono stati
una madre e un padre che non ci
hanno dato valore, che non ci hanno
stimato. Ma questo cerchio, questo
circuito perverso si può spezzare.
Con la consapevolezza, con il viaggio
interiore, con il costa nte, amorevole
e coraggioso dialogo coerente con se
stessi, avendo la propria anima e
Dio come guide del viaggio. In
questo modo, ci renderemo conto
che non è più così importante che gli
altri ci considerino nel giusto o persone di valore. L’importante è seguire
il nostro viaggio di crescita, ricercare
ogni giorno il motivo per cui siamo
venuti al mondo. Per il resto, l’unica
cosa utile da fare è lasciare andare…
lasciare fare..
LE PAURE DELL’IO
Bisogna fare subito una distinzione.
La PAURA appartiene all’IO ma non
all’anima, alla nostra parte spirituale, perché questa è collegata a Dio e
dunque non può provare paura. Sa
che qualsiasi cosa avvenga deve avvenire. Solo quando stiamo in profondo
contatto con essa possiamo lasciarci
andare.. Ma la maggioranza dell’umanità si tiene strettamente legata
al proprio IO.
Proverò a spiegarmi meglio.
Il nostro IO è il risultato delle varie
fasi dell’evoluzione di un individuo,
dell’ambiente da cui proveniamo, del
modo in cui abbiamo vissuto le nostre figure genitoriali, della società e
della cultura in cui siamo vissuti, dei
traumi subìti, eccetera.. Ed è proprio
per questo che l’IO si nevrotizza ed
è trattabile con i mezzi psicologici. La
nostra parte spirituale invece, non si
può nevrotizzare.
L’IO è tendenzialmente onnipotente
e illusorio…basta ricordare l’onnipotenza infantile la sua intolleranza ai
limiti, alle immagini ideali in cui viene allevato il nostro IO grazie a una
società consumistica, massificante,
non realistica, dove vige una cultura
competitiva, aggressiva, dalla logica
iper- razionale che bandisce la nostra
parte di mistero, lo spirito, dove lo
stesso organismo umano viene vissuto a pezzi non comunicanti tra loro,
dove l’IO non sente più il corpo, non
sa più di averlo e, meno che mai, è
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