100% Fitness Mag - Anno V Ottobre 2011 | Page 68

100% FITNESS MAGAZINE 68 BUON COMPLEANNO, PANTINA! L o scorso agosto la nostra gattina cieca ha compiuto nove anni. Chi ha avuto modo di frequentare la nostra clinica o il campetto di calcio attiguo alla nostra struttura sicuramente l’ha conosciuta. Questo perché non appena qualcuno si siede in sala d’aspetto o si ferma a guardare una partita di calcetto lei si materializza, sbucando chissà da dove, e col suo simpatico miagolio cerca coccole dalle persone. Scherzando noi diciamo che lei cura le nostre pubbliche relazioni, noncurante del suo handicap. La prima volta che la si incontra, c’è chi stenta a credere che non abbia gli occhi, qualcun altro sostiene che ‘sicuramente qualcosa vede’. Molti, dopo averla osservata a lungo, ci chiedono increduli: ‘ma davvero quella gatta non ha gli occhi?’ Eh, si, perché lei cammina, si muove, salta, tranquilla e sicura come se gli occhi li avesse davvero. Chi la vede per seconda volta ha già dimenticato la sua particolarità anatomica e si limita ad apprezzare il suo carattere affabile e la sua curiosità. Ebbene si, sembra ieri, eppure era il lontano agosto del 2002 quando una coppia di stranieri reduce da una vacanza a Praiano ci lasciò una gattina malandata che aveva pochi giorni di vita dicendo che se non fosse guarita doveva essere abbattuta. Ci prendemmo cura di lei giorno dopo giorno e.. quale fu il nostro sconforto quando all’apertura delle palpebre (che nei gattini avviene intorno al decimo giorno di vita) ci rendemmo conto che gli occhi non c’erano e anzi non c’era nessuna struttura che ricordasse un globo oculare, solo pus. Entrambi gli occhi erano stati distrutti dall’infezione da herpes virus complicata dalla clamydiosi (infezioni queste estremamente comuni nei gattini). In quel momento pensammo che nessuno mai avrebbe adottato un gattino cieco e che la vita in clinica, l’unica che noi le potevamo offrirle non le avrebbe assicurato un lungo futuro: troppi i pericoli con i quali doveva convivere, come si poteva difendere senza la vista? Anche se a malincuore optammo per l’eutanasia, come c’era stato richiesto dalla coppia di stranieri. Dunque le facemmo in muscolo una dose di anestetico, (secondo la procedura medica che prevede di metterli in anestesia profonda prima di inoculare il farmaco letale), e…lei mentre si addormentava cominciò a leccare le nostre mani. Come descrivere il senso di colpa, ancora tangibile a distanza di tanti anni, quando lei leccava quelle mani che le stavano dando la morte, cercando il cibo. Desistemmo dal completare l’opera, ovviamente passando il resto del giorno a rianimarla sperando che non fosse l’anestetico ad ucciderla. Il giorno dopo sprizzava vita da tutti i pori ed era evidente che sarebbe restata con noi, “succeda quel che succeda!”ci dicemmo “ma almeno diamole la possibilità di vivere”. Come spesso accade quella gattina spelacchiata col tempo sbocciò, diventando una splendida gattona a pelo semilungo dal nasino e dai polpastrelli rosa. Si guadagnò l’appellativo di pantegana molto presto per i guai che combinava e continua a combinare anche adesso, come ogni gatto che si rispetti. Da qui il diminutivo Pantina con cui tutti ormai la conoscono. La storia della Pantina per quanto patetica e scontata vi possa sembrare è stata importantissima nel nostro percorso professionale, ci ha dato la possibilità di riflettere e rivedere le nostre vedute sull’eutanasia e ci ha fatto capire quanto sia forte nei nostri animali l’istinto di sopravvivenza a dispetto degli handicap fisici: la loro regola è vivere, innanzitutto, sfruttando tutti i mezzi disponibili. Tra tutte le figure professionali che operano in ambito sanitario noi veterinari siamo gli unici abilitati ad uccidere. Noi che lavoriamo con gli animali da compagnia costantemente ci sentiamo dire dai proprietari frasi del tipo” quest’animale è come un figlio, è un membro della famiglia” .Sarà per questo che pensiamo che la vita delle nostre bestiole merita lo stesso rispetto di quella umana. Certo non è facile decidere quando è il momento di interrompere una vita, il rischio è che spesso quella dell’eutanasia diventi una pratica comoda ch