100% FITNESS MAGAZINE
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BUON COMPLEANNO,
PANTINA!
L
o scorso agosto la nostra gattina cieca ha compiuto nove
anni. Chi ha avuto modo di frequentare la nostra clinica o il
campetto di calcio attiguo alla nostra struttura sicuramente
l’ha conosciuta. Questo perché non appena qualcuno si
siede in sala d’aspetto o si ferma a guardare una partita di calcetto
lei si materializza, sbucando chissà da dove, e col suo simpatico
miagolio cerca coccole dalle persone.
Scherzando noi diciamo che lei cura le nostre pubbliche relazioni,
noncurante del suo handicap. La prima volta che la si incontra,
c’è chi stenta a credere che non abbia gli occhi, qualcun altro
sostiene che ‘sicuramente qualcosa
vede’. Molti, dopo averla osservata a lungo, ci chiedono increduli:
‘ma davvero quella gatta non ha
gli occhi?’
Eh, si, perché lei cammina, si muove, salta, tranquilla e sicura come
se gli occhi li avesse davvero.
Chi la vede per seconda volta ha
già dimenticato la sua particolarità
anatomica e si limita ad apprezzare il suo carattere affabile e la sua
curiosità.
Ebbene si, sembra ieri, eppure era
il lontano agosto del 2002 quando
una coppia di stranieri reduce da
una vacanza a Praiano ci lasciò una gattina malandata che aveva
pochi giorni di vita dicendo che se non fosse guarita doveva essere
abbattuta. Ci prendemmo cura di lei giorno dopo giorno e.. quale
fu il nostro sconforto quando all’apertura delle palpebre (che nei
gattini avviene intorno al decimo giorno di vita) ci rendemmo
conto che gli occhi non c’erano e anzi non c’era nessuna struttura
che ricordasse un globo oculare, solo pus. Entrambi gli occhi erano
stati distrutti dall’infezione da herpes virus complicata dalla
clamydiosi (infezioni queste estremamente comuni nei gattini).
In quel momento pensammo che nessuno mai avrebbe adottato
un gattino cieco e che la vita in clinica, l’unica che noi le potevamo offrirle non le avrebbe assicurato un lungo futuro: troppi i
pericoli con i quali doveva convivere, come si poteva difendere
senza la vista?
Anche se a malincuore optammo per l’eutanasia, come c’era stato
richiesto dalla coppia di stranieri. Dunque le facemmo in muscolo
una dose di anestetico, (secondo la procedura medica che prevede
di metterli in anestesia profonda prima di inoculare il farmaco
letale), e…lei mentre si addormentava cominciò a leccare le nostre
mani. Come descrivere il senso di colpa, ancora tangibile a distanza
di tanti anni, quando lei leccava quelle mani che le stavano dando
la morte, cercando il cibo. Desistemmo dal completare l’opera,
ovviamente passando il resto del giorno a rianimarla sperando
che non fosse l’anestetico ad ucciderla. Il giorno dopo sprizzava
vita da tutti i pori ed era evidente che sarebbe restata con noi,
“succeda quel che succeda!”ci dicemmo “ma almeno diamole la
possibilità di vivere”.
Come spesso accade quella gattina spelacchiata col tempo sbocciò,
diventando una splendida gattona a pelo semilungo dal nasino e
dai polpastrelli rosa. Si guadagnò l’appellativo di pantegana molto
presto per i guai che combinava e continua a combinare anche
adesso, come ogni gatto che si rispetti. Da qui il diminutivo Pantina
con cui tutti ormai la conoscono.
La storia della Pantina per quanto patetica e scontata vi possa
sembrare è stata importantissima nel nostro percorso professionale,
ci ha dato la possibilità di riflettere
e rivedere le nostre vedute sull’eutanasia e ci ha fatto capire quanto
sia forte nei nostri animali l’istinto
di sopravvivenza a dispetto degli
handicap fisici: la loro regola è vivere, innanzitutto, sfruttando tutti
i mezzi disponibili.
Tra tutte le figure professionali che
operano in ambito sanitario noi veterinari siamo gli unici abilitati ad
uccidere. Noi che lavoriamo con
gli animali da compagnia costantemente ci sentiamo dire dai proprietari frasi del tipo” quest’animale è
come un figlio, è un membro della
famiglia” .Sarà per questo che pensiamo che la vita delle nostre
bestiole merita lo stesso rispetto di quella umana. Certo non è
facile decidere quando è il momento di interrompere una vita,
il rischio è che spesso quella dell’eutanasia diventi una pratica
comoda ch