L’angolo degli esperti
PSICOLOGA
Dottoressa
Giuliana Apreda
I Papà in sala parto:
una scelta condivisa
ino a qualche tempo fa, la presenza
del partner in sala
parto era considerata fuori luogo e
mal sopportata da
medici e ostetriche. Oggi, invece, la collaborazione del compagno durante il travaglio e il parto non solo è ammessa, ma
addirittura sollecitata dal personale. Per
la maggior parte delle mamme, poi, niente infonde sicurezza quanto poter avere il
marito accanto, proprio in un momento
in cui ci si può sentire molto fragili.
Ci sono alcune premesse indispensabili :
la scelta di stare vicini in sala parto deve
essere presa di comune accordo, non può
mai essere forzata da una delle due parti; la presenza del partner in sala parto
ha senso solo se rappresenta il risultato di
un coinvolgimento emotivo iniziato molto tempo prima del travaglio. A volte succede che, durante il travaglio, la mamma
abbia una reazione diversa da quella che
ci si sarebbe aspettati, può non desiderare di essere massaggiata dal compagno o
avere bisogno di concentrarsi solo su di
sé, di isolarsi per trovare le energie fisiche
e psicologiche per riuscire ad affrontare
questa esperienza. È importante che ‘lui’
lo capisca, per riuscire a essere davvero
d’aiuto alla compagna.
Occorre offrire alla compagna sostegno
emotivo, più che fisico. Il primo passo
che il futuro papà deve compiere per riuscire a sostenere la compagna nel modo
giusto è comprendere che, nel corso del
travaglio, un abbraccio spesso vale più
di mille parole. Il fatto è che l’uomo, in
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generale, ha un modo diverso di affrontare gli eventi. Difficilmente si pone in
un atteggiamento di semplice ascolto,
di osservazione; per lui è più importante essere attivo, sentirsi utile ‘facendo’ o
‘dimostrando’ qualcosa. Spesso, inconsciamente, si sente in colpa per il dolore
che prova la compagna e per il fatto di
non poterlo condividere, oppure avverte
un senso di esclusione rispetto a ciò che
sta vivendo lei. E fa fatica a capire che, a
volte, è sufficiente la sola vicinanza fisica
per dare forza alla sua donna. Tuttavia,
se nella coppia si è creata un’intesa, una
profonda confidenza, bastano pochi cenni o uno sguardo per ristabilire la comunicazione. Ciò che conta di più, infatti, è
che la futura mamma possa esprimere liberamente ciò che sente. E che il partner
riesca a intuirne i desideri, a contenere
le ansie, il senso di inadeguatezza che a
volte possono coglierla. Ci possono poi
essere momenti, durante il travaglio, in
cui sembra che il tempo non passi mai
e che la nascita del bebè sia molto lontana. La mamma potrebbe scoraggiarsi e
il papà diventare ansioso. In questi casi,
non si deve temere di chiedere spiegazioni all’ostetrica o al medico. Al futuro
papà che tocca farsi avanti senza timore e
chiedere di essere ascoltato e farsi portavoce dei dubbi della compagna. Specialmente quando si è alla prima esperienza,
ci si può chiedere se è normale quello
che sta accadendo. Tenersi dentro queste
preoccupazioni può creare ansia e influire sull’andamento del travaglio. Meglio
correre il rischio di apparire un po’ insistenti, ma avere la conferma che tutto sta
andando per il meglio!
Ma, a parte l’assistenza ‘emotiva’ alla
propria partner, cosa può fare, concretamente, l’uomo per darle sollievo? Ci
sono molti gesti semplici che possono
aiutare la donna ad affrontare il travaglio
in maniera più serena (sempre che lei lo
desideri, naturalmente). Per attenuare la
tensione e il dolore delle contrazioni, il
papà può eseguirle i massaggi sulla schiena, che vengono insegnati già durante
la gravidanza. Oppure, può aiutarla ad