L’angolo degli esperti
Dottoressa
Mariarosaria d’Esposito
LOGOPEDISTA
IL RITARDO SEMPLICE
DEL LINGUAGGIO
uando, intorno all’anno, il nostro piccolo pronuncia per la
prima volta le parole
“mamma” e “ papà”,
l’emozione e la fierezza dei genitori sono indescrivibili. Da
quell’intenso e straordinario momento, che
si ricorderà per la vita, il lessico del nostro
piccolo si arricchirà quotidianamente di vocaboli sempre più complessi per pronuncia
e significato.
Ogni bambino cresce e matura secondo un
proprio ritmo di vita. Esistono, tuttavia, delle elastiche indicazioni temporali, rispetto
all’epoca di comparsa e allo sviluppo del
linguaggio, dalle prime emissioni di sillaba
(lallazione), fino alla comparsa della frase
strutturata. Qualora il processo d’ampliamento del vocabolario non avvenisse oppure ritardasse, in maniera importante, il genitore si allerta, inizia a vivere una condizione
di preoccupazione ed ansia che lo indurrà
poi ad approfondimenti specialistici.
Il rallentamento dello sviluppo o dell’evoluzione del linguaggio, il “parlare” come
un bambino di età inferiore, viene definito
“ritardo semplice del linguaggio”: grado di
severità e ambiti linguistici intaccati, possono essere fortemente differenti da individuo
ad individuo.
- Giovanni L. ha 3 anni e mezzo e si esprime
ricorrendo ad un codice comunicativo prevalentemente di tipo non verbale (usa la mimica, l’indicazione ed il pianto). Il linguaggio risulta limitato a poche parole, semplici
e concrete pronunciate in maniera quasi del
tutto corretta. Ha una discreta comprensione, ma presenta difficoltà nell’integrare e
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decodificare messaggi complessi.
- Anche Simone G. ha 3 anni e mezzo. Il piccolo dispone di un lessico decisamente più
ampio, nonostante risulti comunque povero per l’età. Tuttavia si esprime in maniera
pressoché inintelligibile: pronuncia in maniera scorretta molti fonemi (dislalie) ed ha
gravi difficoltà nel combinare tra loro i suoni
del linguaggio (deficit fonologico). Non
compare il verbo ed è incapace ad utilizzare
il simbolo. Simone ha una comprensione più
compromessa.
L’osservazione del piccolo ci permette,
pertanto, di valutare la severità del ritardo:
se il bambino è in grado di comunicare in
maniera intenzionale (anche non attraverso
il linguaggio verbale); se comprende quanto
gli viene detto; se si relaziona con l’adulto.
L’analisi della produzione verbale ci consentirà di valutare quali e quanti livelli linguistici risultano alterati, la tipologia e gravità
della compromissione.
La diagnosi di Ritardo è comunque possibile solo dopo aver accertato l’integrità degli
organi da cui dipende il linguaggio (organi
fonatori) e dell’udito.
Il bambino che all’età di 3 anni mostra di
avere contenuti da comunicare, intreccia
relazioni sociali con adulti e coetanei e
comprende il linguaggio verbale, benché lo
utilizzi in maniera alterata, può spontaneamente ridurre o risolvere il ritardo, mediante l’inserimento in materna.
Qualora il ritardo fosse più severo e la compromissione più ampia, risulta necessario
un intervento tempestivo, tenendo in considerazione che il deficit, protratto oltre i 5-6
anni, porterà sicuramente problematiche
nell’apprendimento scolastico.