100% Fitness Mag - Anno V Aprile 2011 | Page 10

SCOPERTE SCIENZA A L I M E N TA Z I O N E SALUTE C U R I O S I TÀ CHI SEGUE BERE ACQUA PER IDRATARE LA PELLE UNA DIETA CAMPA CENT’ANNI Soprattutto d’estate quando si secca più facilmente. Studio Usa: mangiare meno e meglio allunga la durata della vita. Specie se si fa anche attività fisica costante Ci stressa e ci infelicita la vita, spesso senza neanche troppo successo. Ma essere a dieta può farci vivere più a lungo. È la conclusione principale di uno studio condotto sui topi da un gruppo di ricercatori della University of Alabama in Birmingham (Usa) e pubblicato sulla rivista “American Journal of Physiology”. Gli esperti hanno dimostrato che i topi che mangiano di meno e fanno esercizio fisico hanno anche livelli molto bassi di insulina, che regolano a loro volta i livelli di glucosio nel sangue. E questo avrebbe aiutato le cavie a mantenersi in forma e a vivere più a lungo. “Non sappiamo ancora se questo effetto valga anche per gli uomini”, ha spiegato Derek Huffman, coordinatore dello studio, “ma di sicuro i vantaggi di una dieta combinata con una regolare attività fisica sono importanti”. News Due litri d’acqua al giorno: è il consiglio degli esperti per avere sempre una pelle sana e idratata, soprattutto in questa stagione. Il processo ininterrotto di perdita fisiologica d’acqua cutanea attraverso la pelle può essere quantificato mediante sofisticati test, attraverso i quali si può conoscere il grado di disidratazione della pelle e intervenire di conseguenza, eliminando l’eventuale causa. Molti fattori concorrono, infatti, a questo processo, che di solito si manifesta con progressiva desquamazione: dall’esposizione al sole, all’uso di farmaci e detergenti, alle malattie. LAVORO TROPPO STRESSANTE? Cuore ad alto rischio Un maxistudio britannico conferma: per chi ha meno di 50 anni, il pericolo di sviluppare malattie cardiache aumenta del 70%. Lo stress da lavoro fa molto male al cuore. E aumenta notevolmente il rischio di sviluppare patologie cardiache. Lo dimostra il più grande studio di questo tipo mai condotto, pubblicato sulla rivista “European Heart Journal”, a cura dello University College di Londra. L’indagine ha coinvolto oltre 10 mila impiegati statali ed è stata coordinata dall’epidemiologa Tarani Chandola. Gli under 50 che consideravano il proprio impiego parecchio stressante avevano circa il 70% di probabilità in più di soffrire di patologie cardiovascolari. Non solo perché mangiavano male e non avevano tempo per fare attività fisica: mostravano anche i segni di cambiamenti biochimici, tipico segnale di un cuore a rischio. “Durante i 12 anni in cui sono stati seguiti i pazienti del campione”, ha spiegato l’epidemiologa che ha diretto lo studio, “abbiamo verificato che lo stress cronico da lavoro è associato a malattie coronariche. L’associazione è risultata significativa, senza distinzione di sesso, per i dipendenti con meno di 50 anni”. Meno evidente, invece, l’impatto biologico dello stress sui lavoratori vicini alla pensione. Con questo maxi-studio, il primo del genere a vantare questi numeri, i ricercatori svelano i meccanismi che legano stress e malattie. Lo stress disturba la parte del sistema nervoso che controlla il cuore, dicendogli come lavorare e controllando la frequenza del battito. I più ansiosi e agitati mostravano anche uno scarso tono vagale, gli impulsi che regolano il battito. Non solo. Anche il sistema neuroendrocrino si mostrava alterato, con elevati livelli di cortisolo al mattino per i lavoratori stressati. Non conta il livello di occupazione o la carriera: lo stress, con tutti i suoi effetti sull’organismo, non conosce qualifiche.