100% Fitness Mag - Anno IV Settembre 2010 | Page 52
voluto che la figlia quattordicenne si
iscrivesse ad uno dei corsi in palestra,
soprattutto per creare nuove amicizie,
perché convinta che ciò avrebbe potuto
aiutarla a superare le sue gravi difficoltà
di socializzazione e di apprendimento.
Prima di iniziare, volli conoscere la ragazza e così parlai da vicino anche con la
mamma. Quando le incontrai, la madre
iniziò a descrivermi, con grande foga e
con un’incredibile accuratezza, quanto
la ragazzina fosse “svogliata”, “incapace
di concentrarsi”, “distratta”, “smemorata”,
“incapace di relazionarsi con gli altri”,
rinforzando costantemente questi messaggi con frasi lapidarie tipo: “E’ sempre
stata così” oppure “Abbiamo perso ogni
speranza” o ancora “Mi vergogno di essere
sua mamma”! Ti lascio immaginare gli
sguardi della ragazzina che accompagnavano le parole della madre.
Era evidente che, con tutto il bene che
un genitore può volere ad un figlio, era
proprio lei ad essere, involontariamente, una delle cause principali degli stati
d’animo negativi della figlia, naturale
conseguenza della costante opera di sfiducia nei confronti della ragazza in un
periodo di crescita fondamentale per
acquisire autostima e consapevolezza
delle proprie capacità.
A volte non ci rendiamo conto dei danni
che facciamo con i bambini o con i nostri figli!
Qualche giorno fa ero in piscina al Central ed ho assistito ad una delle comuni
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scene di vita quotidiana fra genitori e figli. C’era una bimba di 6 anni che mangiava un gelato, un calippo. Il gelato le
scivolò di mano e finì a terra, fra l’altro
ancora avvolto nel cartone, quindi da
poter essere tranquillamente mangiato.
Un bimbo che fa cadere qualcosa, non
mi sembra poi una situazione tanto inusuale, vero? Ed invece, rimasi scioccato
dalla reazione del padre. Stava quasi per
prenderla a schiaffi, ma peggio, iniziò ad
urlarle: “Sei una stupida, una cretina, non
sai fare mai niente, fai cadere sempre tutto
a terra”. E più la bambina era impaurita
ed immobilizzata con le lacrime che le
bagnavano il viso, più il padre innervosendosi, continuava con quei suoi insulti completamente fuori luogo.
E poi a volte, non ci spieghiamo alcuni
comportamenti strani o inconsueti dei
nostri figli, del tipo, come potrebbe seguire all’episodio raccontato: “Non riesco a capire perché a mio figlio non piace
più il gelato, eppure prima ne mangiava
tanti”, o altre cose del genere.
E’ chiaro che un bambino, come un
adulto, inconsciamente, può associare
un episodio sgradevole, (insulti) che
gli provoca “dolore” a una situazione
piacevole (gelato), ancorando involontariamente alla sua mente la situazione
estremamente negativa a quella positiva del gelato, rifiutando poi, in seguito,
quest’ultima.
Chissà quanti altri esempi del genere
potremmo trovare durante la crescita
dei nostri bambini, comportamenti o
parole ripetute che hanno solo inculcato nelle loro menti credenze completamente depotenzianti.
Vi prego, genitori e insegnanti: Critichiamo i comportamenti dei nostri bambini,
ma mai la loro identità, appiccicandogli
addosso un’etichetta.
Non diciamo mai a un bambino: “Sei uno
stupido”, “Sei cattivo” o “Non sei capace”,
ma piuttosto: “Hai fatto una stupidaggine”, “Ti sei comportato male” e “Non ci
stai riusc [