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l’angolo della poesia
IL CACCIATORE E IL LUPO
Era lì ancora a terra steso
un daino da un arco ucciso
quand’ecco che nei pressi, tutto solo,
passa uno splendido capriolo.
Il cacciatore, pronto, serra la bocca
e veloce un altro dardo scocca,
il capriolo seguendo del daino la via
va a fargli buona compagnia.
All’uomo sferrò un tremendo morso
e senza poter gridare “Soccorso!”
il cacciatore a terra stramazzò
e al creator l’ingordo se ne andò.
L’uomo con l’arco ancor contratto
si guarda le sue prede soddisfatto:
“Un daino e un capriolo, per Giove,
-disse- ch’io sia bravo sono le prove”.
Passando un lupo da quella parte
vide quello spettacolo di morte
ed esclamò: “Benedetta la fortuna,
di cacciar non devo darmi più pena!”
“Questo bottin, giuro sul mio onore
appagherebbe più d’un cacciatore,”
con molta enfasi s’inorgogliva
ma in quel mentre qualcosa appariva.
“A te, mia cara dea, con questo scempio
devo innalzare un grande tempio,
son molti giorni che a cacciar provo
ed ora, così, quattro morti trovo”.
Il caso volle che un grosso cinghiale,
buono da conservare sotto sale,
nei pressi del cacciator passasse
e che, distratto, di lui non s’accorgesse.
“Devo occultare queste scorte
visto che l’inverno è alle porte,
dell’arco la corda or rosicchierò
e questo ben di Dio meco porterò”.
Il cacciator, in mano ancora l’arco
mirò bene al selvatico porco,
un dard