100% Fitness Mag - Anno IV Novembre/Dicembre 2010 | Page 50
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Sono queste placche di dimensioni
variabili a restringere, più o meno
ampiamente, il passaggio del sangue. Talvolta su queste placche si deposita anche
un trombo, cioè un coagulo (composto
anch’esso da grasso, calcio, sostanze presenti nel sangue come piastrine o cellule
infiammatorie) che provoca la chiusura
della coronaria.
Esistono, però, anche casi d’infarto in
cui le coronarie sono sane. In questa
situazione si pensa che la causa sia legata
allo spasmo coronarico, cioè a un’improvvisa, fortissima e prolungata contrazione
di una coronaria che, pur non essendo
ostruita, improvvisamente si chiude e si
riapre solo dopo che il tessuto cardiaco è
andato incontro a deterioramento.
Ancora più raramente, l’infarto può
avvenire a causa di arteriti (infiammazione delle arterie) oppure di traumi
toracici che vanno direttamente a chiudere le coronarie.
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BISOGNA AGIRE
CON TEMPESTIVITA’
L’infarto è una malattia che ogni anno
colpisce circa 160 mila persone in Italia,
con più frequenza tra gli uomini. Dati
recenti confermano che la rapidità e l’efficacia degli interventi sono la principale
arma di difesa contro questa malattia che
può avere serie conseguenze anche dopo
poco tempo: il rischio di morte aumenta
progressivamente se ci si reca in ospedale dopo più di un’ora dai primi segnali.
In generale, è fondamentale l’intervento
medico nelle prime due ore dell’attacco
cardiaco, dette anche le due ore “auree”
per l’efficacia della cura.
Negli ultimi trent’anni c’è stato un
notevole aumento di guarigione grazie alla maggiore tempestività del ricovero in reparti ospedalieri specializzati per la
cura di emergenze cardiologiche, chiamate “unità coronarica” e al miglioramento
delle cure. La mortalità per infarto è, infatti, scesa negli Anni ’50.
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CHE COSA FARE IN CASO DI EMERGENZA
Ecco le azioni immediate da mettere in pratica quando si pensa di essere di
fronte a qualcuno colpito da infarto.
* Tranquillizzarlo. si deve parlare con un tono di voce il più possibile normale e senza fretta, muoversi con estrema calma, non affannarsi, non correre, il
tutto in modo da non agitarlo.
* Coprirlo senza esagerare, in modo che non perda calore e quindi energia.
* Tenerlo immobile, così da non fargli consumare ulteriore ossigeno.
* Slacciare tutto ciò che stringe, in modo da evitare che ci siano aumenti di
pressione esercitata su qualunque parte del corpo.
* Chiamare il 118 o trasportarlo in ospedale. L’ideale sarebbe giungere in
unità coronarica entro 20-30 minuti. Arrivare prima in ospedale significa ridurre drasticamente la mortalità.
LE CURE IN OSPEDALE
Una volta giunti in ospedale alla persona vengono dati farmaci specifici per curare i diversi sintomi:
* narcotici e benzodiazepine per controllare il dolore e l’ansia;
* medicine a base di nitrati che producono una sostanza, l’ossido di azoto, in
grado di rilasciare la muscolatura dei vasi, dilatandoli e di favorire la circolazione anche nei tessuti colpiti da infarto;
* i beta bloccanti nelle p ersone ad alto rischio (come diabetici) sono farmaci che riducono la frequenza cardiaca e mettono parzialmente a riposo il
cuore, riducendo il consumo di ossigeno del miocardio;
* antiaritmici, consentono di ripristinare il ritmo cardiaco normale. Vengono
somministrati se i disturbi del ritmo sono più seri di un semplice aumento
della frequenza;
* trombolitici, quando è possibile direttamente nell’arteria, per riaprire la coronaria. Queste medicine permettono di rompere e disgregare il trombo e di
consentire così il ripristino del flusso di sangue in tutte le zone del cuore.