100% Fitness Mag - Anno IV Novembre/Dicembre 2010 | Page 24
L’angolo degli esperti
PEDIATRA
sono risultati i maggiori consumatori in Europa: nell’ultimo
anno, il 57% li assunti almeno una volta, quando la media dei
paesi UE è del 40%. Dietro l’Italia ci sono Spagna (53%), Romania (51%), Irlanda (45%), Francia e Inghilterra (42%). I meno
appassionati di antibiotici sono gli svedesi (22%) e i tedeschi
(28%). Inoltre gli italiani sono anche i più disinformati sulla funzione degli antibiotici: il 53% degli europei e il 62% degli italiani
è convinto che gli antibiotici siano efficaci contro i virus, e li utilizzano quindi anche in caso di raffreddore o influenza. In Italia
comunque il consumo di antibiotici presenta grosse differenze
regionali, come emerso da una ricerca coordinata dal professor
Massimo Filippini dell’Università di Lugano e dal professor
Giuliano Masiero dell’Università di Bergamo, monitorizzando
il consumo di antibiotici in 20 Regioni Italiane per il periodo
che va dal 2000 al 2007. Campania, Sicilia e Calabria hanno
mostrato un consumo più che doppio di antibiotici rispetto alle
regioni a più basso utilizzo come Veneto, Friuli-Venezia Giulia e
Trentino-Alto Adige. Il consumo di antibiotici risente della stagionalità: ci sono picchi in alto nei mesi di gennaio e febbraio,
legati all’influenza, nonostante non sia giustificato il loro uso in
questo caso. Le reazioni avverse agli antibiotici tra il 2002 ed il
2008 sono state 7.266, molte delle quali evitabili perchè era inutile prendere l’antibiotico.
Questi consumi eccessivi ed inappropriati contribuiscono allo
sviluppo dell’antibioticoresistenza, il fenomeno col quale i batteri mutano geneticamente e diventano indifferenti al farmaco.
L’antibiotico-resistenza sta diventando una vera emergenza di
sanità pubblica, perché l’ uso massivo degli antibiotici tende a
renderli progressivamente inutili. Dal 2000 ad oggi la percentuale di antibiotico-resistenza in Europa è aumentata vertiginosamente, per esempio per l’escherichia Coli i ceppi resistenti ai
fluorochinolonici sono passati in Italia dal 10% del 2002 al 50%
quasi del 2007, mentre per lo stafilococco aureo le resistenze superano ormai il 50%. Se non smettiamo di assumere antibiotici
per ogni febbre o mal di gola in futuro potremmo non essere più
in grado di combattere molte infezioni batteriche. Un ciclo di antibiotici prescritto in maniera errata aumenta del 50 per cento il
rischio di sviluppo di resistenza al farmaco per almeno un anno.
Lo dimostra una ricerca pubblicata dal British Medical Journal,
che analizzando i dati di 24 pazienti in cui a seguito della prescrizione di un antibiotico si è sviluppata una resistenza al farmaco,
ha trovato che questa può essere registrata per almeno un anno.
Un SOS arriva dal Congresso della Società europea di microbiologia e malattie infettive (Escmid): “il problema della resistenza dei batteri agli antibiotici - spiega il microbiologo Giuseppe
Cornaglia dell’Università di Verona, presidente dell’Escmid- è
un fenomeno allarmante perchè in crescita e non riguarda più
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soltanto, come accadeva finora, infezioni batteriche solitamente
diffuse nell’ambiente ospedaliero, bensì anche batteri di diffusione comune come ad esempio l’escherichia coli”. Dal momento
che non sono disponibili a breve nuovi antibiotici rivoluzionari,
l’unica strada è quella di controllare la trasmissione delle infezioni e razionalizzare l’uso degli antibiotici esistenti. L’arsenale
degli antibiotici a disposizione inizia infatti a scarseggiare, e ne
servirebbero almeno 10 nuovi entro il 2020 per evitare che lo
sviluppo di batteri resistenti a quelli tradizionali renda impossibile la lotta alle infezioni. Lo ha affermato la Infectious Diseases Society of America con un editoriale pubblicato dalla rivista
Clinical Infectious Diseases, in cui si legge che l’Organizzazione
mondiale della sanità ha inserito l’insorgenza di batteri resistenti
tra le principali minacce alla salute umana per il futuro. Lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza in tutti i Paesi occidentali legato all’incremento e all’uso inappropriato degli antibiotici ha
spinto, sulla base dell’allarme dell’Oms, il Centro europeo per il
controllo delle malattie ad invitare già da qualche anno gli Stati
membri a realizzare iniziative rivolte al la popolazione generale
per contrastare questo fenomeno. Per questo ogni inverno il
Ministero della Salute, l’Istituto superiore di Sanità e l’Agenzia
italiana del farmaco lanciano una campagna di comunicazione
per spiegare agli italiani che gli antibiotici vanno utilizzati con
cautela e solo quando servono. Sono cinque le raccomandazioni
chiave per un uso corretto degli antibiotici:
1) non assumerli in caso di influenza o raffreddore
2) mai senza prescrizione medica
3) seguire scrupolosamente tempi e modi di assunzione indicati dal medico
4) non interrompere il trattamento anzitempo
5) non cambiare farmaco senza indicazione medica.
Secondo le recenti ricerche potrebbe bastare effettuare un semplice test sul sangue in presenza di sintomi da infezione per aiutare i medici e i pazienti a fare un uso più corretto degli antibiotici: la Procalcitonina (PCT), sensibile nel discriminare le forme
virali da quelle batteriche. Si tratta del peptide precursore della
calcitonina, ormone ipocalcemizzante delle cellule C della tiroide. In corso di infezione batterica, viene attivata nell’organismo
ubiquitariamente in tutte le cellule la trascrizione del gene che la
produce(CALC-1). La PCT può essere quindi un aiuto al clinico per una più rapida e sicura diagnosi del paziente. Può inoltre
essere di supporto all’antibioticoterapia, per decidere quando
arrestare la cura. Secondo alcuni studi clinici, la terapia guidata
dalla PCT ha ridotto le prescrizioni di antibiotici in 243 patienti
con infezioni delle basse vie respiratorie di almeno il 50%, mentre in altri 302 pazienti con polmonite ha ridotto la durata della
cura da 12.9 a 5.8 giorni