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LE INFILTRAZIONI:
di Maria Teresa P. Russo
Ortopedico
come, quando e perché
C
on il termine
“infiltrazione” si
intende l’instillazione di medicamenti all’interno
di una articolazione.
Generalmente si procede all’infiltrazione di articolazioni facilmente aggredibili dall’esterno
tramite la semplice palpazione
come le ginocchia, le caviglie, le
spalle , l’articolazione temporomandibolare, le interfalangee…
mentre per altre è necessario il
controllo ecografico o in scopia
come per esempio l’anca o la colonna vertebrale.
I farmaci usati più frequentemente sono i corticosteroidi e
l’acido ialuronico con costi diversi ed aspettative diverse.
In caso di patologie infiammatorie acute e croniche come
l’artrite reumatoide, la gotta, le
tendiniti e le borsiti, il farmaco di
prima scelta è il cortisone in quanto sopprime l’infiammazione e
migliora la funzionalità articolare
ma purtroppo promuove il catabolismo proteico a livello muscolare,
cutaneo, osseo, del tessuto connettivo e linfoide.
Nel caso dell’artrite reumatoide
combatte efficacemente la sinovite
reattiva e migliora la funzionalità
articolare con effetti soprattutto
nel ginocchio, gomito e dita.
Tra l’altro l’utilizzo della tecnica
infiltrativa evita l’assunzione per
via orale del farmaco che avrebbe
sicuramente effetti sullo stomaco.
Ottimi risultati si hanno nel caso
delle dita “a scatto”, nella sindrome di De Quervain al polso (una
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tenovaginite degli estensori del
pollice), nelle borsiti della spalla
associate alla sindrome da conflitto
scapolo-omerale come anche nelle
borsiti trocanteriche che spesso si
risolvono con una sola infiltrazione. Il tipo di cortisone da utilizzare
varia in base all’effetto desiderato e
in base alla patologia.
Abbiamo corticosteroidi a rapida azione e di breve durata che
si utilizzano per lo più in caso di
patologie acute in cui si vuole un
effetto immediato e corticosteroidi
ad inizio un po’più lento ma con
un effetto prolungato nel tempo
che si utilizzano, invece, nel caso
di patologie croniche.
Nel caso dell’artrosi i corticosteroidi sono meno efficaci e pertanto
si preferisce infiltrare acido ialuro-
nico (impropriamente chiamato
“cartilagine”).
L’acido ialuronico favorisce la
lubrificazione delle superfici articolari e migliora il movimento
riducendo il sintomo dolore.
Infatti i pazienti affetti da artrosi hanno una diminuita concentrazione di acido ialuronico
nelle loro articolazioni pertanto
trattandoli in questa maniera
(con le infiltrazioni) si ottiene
di:
1) lubrificare le membrane sinoviali
2) controllare la permeabilità
diminuendo il versamento articolare
3) bloccare l’infiammazione
4) stimolare la produzione endogena di acido ialuronico
stesso.
Sia nel caso del cortisone come
nel caso dell’acido ialuronico si effettua, generalmente, una
infiltrazione a settimana per un
numero variabile di volte (da tre
a cinque). Le reazioni locali sono
autolimitantesi e consistono in
un dolore locale dell’articolazione,
tumefazione, eritema e prurito. In
ogni caso si consiglia l’applicazione di ghiaccio locale.
In base alla sostanza da infiltrare e
in base alla grandezza dell’articolazione varia il tipo di ago da usare sia come lunghezza che come
calibro. In ogni caso la tecnica di
infiltrazione deve seguire tutte le
regole dell’asepsi, eventualmente
si può aggiungere dell’anestetico
locale ed il paziente è invitato a
mantenere a riposo l’articolazione
infiltrata per almeno 24 ore.